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Racconti erotici: Marta mi ha provocato e finiamo al parco imboscati

Racconti erotici: Marta mi ha provocato e finiamo al parco imboscati

Marta aveva appena finito il suo turno al bar sotto casa mia.

Era una di quelle sere afose d'estate in cui l'aria sembra appiccicarsi alla pelle.

Ogni volta che la vedevo passare con quella divisa attillata impazzivo, metteva in evidenza ogni curva, specialmente il culo.

Non potevo fare a meno di immaginarla in situazioni decisamente meno innocenti.

E quella sera, il destino sembrava aver deciso di spingere la mia fantasia dove non avrei mai immaginato.

Mentre stavo fumando una sigaretta sul balcone, Marta si è fermata proprio sotto casa mia, alzando lo sguardo e sorridendo.

“Non vai mai a dormire presto, vero?” mi ha detto, con quel tono provocatorio che ormai conoscevo bene.

“Non quando c'è qualcosa di interessante da guardare,” ho risposto, senza neanche provare a nascondere il doppio senso.

Lei ha riso.

Un suono dolce e malizioso allo stesso tempo.

“Allora vieni giù. Ti offro una birra."

Non ci ho pensato due volte.

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Un attimo dopo ero giù, davanti a lei.

Indossava ancora la divisa, ma aveva slacciato un paio di bottoni della camicia, lasciando intravedere il reggiseno nero di pizzo.

Avrei voluto affondare la faccia lì dentro.

Siamo andati al parco vicino, dove c'era una panchina un po' nascosta.

Appena ci siamo seduti, Marta ha tirato fuori due birre dalla borsa e me ne ha passata una.

“Sai che ti guardo spesso dal balcone, vero?” ha detto, sorseggiando la sua birra e fissandomi con quei suoi occhi profondi.

“E cosa vedi?” le ho chiesto, avvicinandomi un po'.

“Uno che si diverte a immaginare cose...” ha detto, sorridendo, mentre appoggiava una mano sulla mia coscia.

Quel gesto mi ha fatto indurire immediatamente.

“E se ti dicessi che hai ragione?” ho sussurrato, avvicinandomi ancora di più.

“Allora vorrei sapere cosa immagini esattamente,” ha risposto, facendomi scivolare la mano più su, fino a sfiorare la mia erezione.

Non c'è stato bisogno di altre parole.

Ho afferrato il suo viso e l'ho baciata con tutta la passione che avevo accumulato in quelle settimane di fantasie represse.

Le sue labbra erano morbide, calde, e il suo respiro accelerava sempre di più.

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Marta si è staccata per un attimo, guardandomi negli occhi, sempre in maniera super provocante.

“Qui non possiamo,” ha detto, ma il sorriso che accompagnava quelle parole raccontava tutt'altro.

“Seguimi,” ha aggiunto, prendendomi per mano e conducendomi verso una zona ancora più isolata del parco, dietro un grande cespuglio.

Appena arrivati, si è voltata verso di me, si è abbassata il reggiseno, liberando i seni, e ha detto:

“Mostrami cosa hai immaginato.”

Non mi sono fatto pregare.

Ho fatto scivolare le mani sul suo corpo, accarezzando ogni curva, ogni centimetro di pelle calda e setosa.

L'ho leccata.

Tutta.

Le ho succhiato i capezzoli, mordendoli leggermente, mentre lei emetteva gemiti sempre più intensi.

“Ti voglio dentro di me,” ha sussurrato, spingendomi contro un albero e sbottonandomi i pantaloni con una velocità che tradiva la sua urgenza.

Il suo tocco era deciso, sicuro, e mi mandava fuori di testa.

Si è inginocchiata, prendendo il mio membro tra le mani e iniziando a leccarlo lentamente, dalla base fino alla punta.

La sua lingua era un inferno di piacere.

Mi guardava dal basso, con quegli occhi pieni di lussuria, mentre aumentava il ritmo, facendomi sentire ogni centimetro della sua bocca calda e accogliente.

Non potevo più resistere.

L'ho tirata su, sollevandole la gonna e spingendo via le sue mutandine.

Era già bagnata, pronta, e quando sono entrato in lei, entrambi abbiamo trattenuto un gemito, cercando di non farci sentire da nessuno.

I suoi movimenti erano lenti all'inizio, quasi provocatori, ma presto sono diventati più intensi, più frenetici.

Marta si aggrappava a me, graffiandomi la schiena e mordendomi il collo, mentre le nostre pelvi si incontravano con un ritmo che aumentava sempre di più.

Il piacere cresceva inarrestabile, e quando finalmente sono venuto, con lei che mi stringeva forte e veniva a sua volta, il mondo sembrava essersi fermato per un attimo.

Ci siamo guardati, ancora senza fiato, e lei ha sorriso, sistemandosi la gonna.

“La prossima volta, magari sul tuo balcone,” ha detto, ridendo, prima di darmi un ultimo bacio e andarsene.

E io sapevo che quella non sarebbe stata l'ultima volta.